domenica 5 aprile 2020

"L'ULTIMA CORSA " di Massimo Smuraglia

Dai compagni di Anpi Lanciotto Ballerini di Campi Bisenzio che ringraziamo, il Film "L'ULTIMA CORSA" che tratta l'esperienza Partigiana del Gruppo d'Assalto Garibaldi "Lupi Neri" Comandata dall'Eroe Lanciotto Ballerini (M.O.V.M.)





introduzione storica ANPI Sezione Lanciotto Ballerini - Campi Bisenzio (Fi)
Il Cippo all’interno dell’abetina ricorda l’avvenimento. Il traliccio elettrico del luogo, ha impresso nella sua struttura la testimonianza del furore della battaglia (passaggio dei proiettili), il “fienile – fortilizio” che ospitò i partigiani sono “Luoghi di Memoria” importanti. È doveroso per noi, cercare di realizzare un progetto, in cui collocare all’interno del fienile uno spazio attrezzato, di mappe, fotografie, testimonianze. Per ridar vita ai Luoghi dove l’eroico Comandante Lanciotto, insieme all’audace sardo Luigi e al russo Vladimir, donarono le loro giovani vite, per far esplodere quella luce che ha fatto nascere la primavera e che si chiama appunto, Resistenza.
“Questa località fu teatro di un glorioso episodio della Resistenza”.
(Test. Silvano Franchi)“Un gruppo partigiano di 17 ragazzi respinsero per ben tre volte l’attacco fascista alla loro postazione, un atto eroico, che rese fieri i giovani combattenti che li immolarono con le loro gesta fino alla Liberazione del Paese”. Si, Resistenza di Popolo. Ricordava il compagno Patriota Silvano Franchi detto “Morino”, combattente nella Formazione garibaldina “GIOVANNI CHECCUCCI”: – “Quei 17 ragazzi compirono un impresa unica. Impossibile non rimanere tutti schiacciati dalla fangosa orma fascista, erano completamente circondati da più di due compagnie, ma nonostante tutto, i partigiani di Lanciotto riuscirono a dominarle, resistettero e sfondarono con una caparbietà che fece da esempio in tutta la Provincia di Firenze, essendo quella LA PRIMA VERA BATTAGLIA COMBATTUTA SUL TERRITORIO”. Aprirono così una nuova stagione: “Noi ragazzi dell’epoca”, ricorda il “Morino” – “ci siamo riuniti e deciso di seguire l’esempio di Lanciotto, da quel momento nasce in ognuno di noi una forte determinazione ad entrare volontario nei partigiani per vivere l’azione, per levarsi di dosso l’immondizia tossica nazi-fascista, così nasce la 22a Brigata d’Assalto Garibaldi “Lanciotto Ballerini” un esempio di onore, di altruismo e caparbietà per tutta la durata della guerra”.)
L’antifascismo nelle Province di Firenze e Prato, fu una realtà sempre operante e con il quale il regime dovette fare i conti per tutto il ventennio.
“Un antifascismo radicato nelle fabbriche, nelle botteghe artigiane e nelle campagne tra i contadini e braccianti fino alla scuola, nelle università. Resistenza al potere di un regime che si era imposto con spregiudicata violenza, resistenza ad un potere politico che aveva soppresso il diritto di dissentire, associarsi, esprimersi, conculcando i diritti e la dignità dell’individuo, della persona singola ed associata, mediante la violenza fisica diretta e delle leggi. Resistenza ad una legislazione speciale applicata da un Tribunale Speciale che aveva comminate miriadi di condanne con la pretesa di impedire a uomini liberi di pensare mediante la privazione della libertà anche fisica. Resistenza ad un regime che aveva creato un’area d’arbitrio e di prevaricazioni, di privilegi, di soprusi, di spie alle quali era data ampia autorità di reprimere e calpestare l’altrui dignità”.
Dopo l’armistizio (capitolazione) del Settembre 1943, gli antifascisti decisero di organizzarsi, intuendo che la Patria era allo sbando e che le truppe tedesche avrebbero occupato l’Italia, coinvolgendola sul fronte di guerra.
I partiti antifascisti (Comunista e d’ Azione) decisero di organizzare la lotta di Resistenza. Vennero organizzate le S.A.P. locali e l’ 11 settembre 1943 con l’occupazione di Firenze da parte delle truppe tedesche, i comunisti decisero di far allontanare i più conosciuti, per evitare che fossero arrestati e di organizzare le Formazioni Partigiane “Garibaldi” in montagna (per creare azioni di guerriglia e di disturbo). A tale scopo, furono organizzate alcune riunioni in vari luoghi del territorio provinciale.
(test. Spartaco Conti) A Campi Bisenzio alla presenza dei compagni Gino Tagliaferri e Giuseppe Rossi del C.T.L.N. provinciale, avvengono due riunioni, il 12 e 13 settembre, dove parteciparono gli antifascisti locali che decisero di formare un Gruppo d’assalto “Garibaldi” da inviare in montagna. La sera del 15 settembre dalla casa colonica di Serafino Colzi, mezzadro antifascista, situata a Tomerello, all’imbrunire, i Patrioti di Campi risalendo l’alveo del T. Marina, si dirigono su M. Morello. Lanciotto Ballerini è il Comandante, il Commissario Politico è Ferdinando Puzzoli detto Novatore, il Vice Comandante è Primo Verniani detto Buttallaria, con loro ci sono Renzo Ballerini, Guglielmo Tesi, Alberto Querci, Corrado Bernardi, Marcello Tirinnanzi, e altri antifascisti locali, circa 10/12 Patrioti pronti a iniziare la lotta di Resistenza per la Pace, la Libertà e la Giustizia sociale.
A M. Morello le prime Formazioni “Garibaldi” operavano nel cuore della montagna. Il Gruppo comandato da Lanciotto, era accampato alla Corte di Querciolino (sopra il ristorante Vecciolino) la base per i contatti era la bottega di Morello, i cui titolari erano in stretta collaborazione con la formazione partigiana. Operavano tra la Collinella e Ceppeto ed altre località, col comando in un secondo momento trasferito al Chiesino del Cupo. La stessa area era controllata da un altro Gruppo di Sesto Fiorentino, comandato da Giulio Bruschi, detto Berto, un Patriota attivo condannato dal Tribunale Speciale, che aveva maturato nel carcere tempra inflessibile, un terzo gruppo del “Bini” detto Folgore era accampato nella zona delle Cappelle di Ceppeto. In quei giorni le prime squadre partigiane che si costituiscono, sono vari gruppi isolati ed eterogenei composti da patrioti, ex prigionieri, militari italiani, renitenti alla leva. L’attività delle formazioni partigiane si realizzava in attacchi, agguati e sabotaggi per procurarsi armi e danneggiare le linee di comunicazione dell’occupante nazi-fascista, inoltre tramite staffette inviavano e ricevevano informazioni (coaudivati dalle S.A.P. cittadine), dei movimenti e la posizione delle truppe nazi-fasciste. Da Firenze e dai Comuni limitrofi arrivavano aiuti materiali, informazioni, ordini e disposizioni. Dopo circa tre mesi e mezzo di base su M. Morello, a fine dicembre, la Formazione Partigiana ebbe l’ordine dal C.T.L.N. di spostarsi, poiché era imminente un rastrellamento in forze da parte dei nazi-fascisti, i quali avrebbero accerchiato la zona di M. Morello da quattro direzioni e cioè: da Vaglia, da Legri, da Sesto Fiorentino e da Calenzano.
Quindi, decisero di staccarsi in due reparti, il primo guidato dal Bruschi, si trasferì su M. Giovi e poi nel Pratomagno, l’altro guidato da Lanciotto Ballerini, composto da circa una quarantina di partigiani, tentò di raggiungere le montagne del Pistoiese, attraversando i monti della Calvana. Lanciotto dopo aver ricevuto gli ordini, incaricò Ted, (capitano inglese dell’esercito indiano, ex prigioniero di guerra) di trasportare, con circa una ventina di partigiani del materiale bellico (tritolo) al Comitato Militare Toscano e di prelevare armi e munizioni, fatto ciò, avrebbero dovuto ricongiungersi con il resto del Gruppo in Calvana. Altri tre partigiani del gruppo, i F.lli Fiorelli Egidio e Silio e Galeotti Giuseppe detto Uragano, scesero a Sesto Fiorentino per recuperare delle scarpe e per ricevere istruzioni.
In quei giorni decisero di chiamarsi “Lupi Neri” avente come stemma nella bandiera da combattimento: un lupo nero in campo rosso con le fauci spalancate. Il Gruppo d’Assalto Garibaldi “Lupi Neri”, Comandato da Lanciotto, in attesa del ritorno dei compagni, si ferma alcuni giorni in Calvana, ospitato dai mezzadri della zona in un fienile a Case di Valibona.
Il Gruppo “Lupi Neri” era discretamente armato con un fucile mitragliatore “Breda”, tre o quattro bombe a mano ciascuno, moschetti individuali con diversi caricatori e varie pistole. Lanciotto mentre era in attesa, faceva perlustrare la zona e stabiliva contatti, sia per i rifornimenti, sia per avere informazioni sulle zone che avrebbe dovuto attraversare in spostamento verso il M. Javello e verso il Pistoiese (zona Abetone), per unirsi alla 1a Brigata Rosselli, comandata dal Ducceschi detto Pippo. (cit. odierna. Testimonianza video di Leandro Agresti. “Prima che Lanciotto partisse per il trasferimento, passo a salutare i compagni”, Leandro ricorda questo incontro, “il 26 dicembre venne a salutarmi, il comandante Lanciotto ebbe l’incarico di trasferirsi su M. Javello per risolvere questioni di incomprensioni tra due gruppi del pratese che tra di loro avevano avuto dei diverbi. La sua conoscenza militare e disciplina sarebbe stata utile alla riorganizzazione della formazione partigiana dell’area pratese.) A notte fonda la formazione scese da Monte Morello attraversò la strada militare barberinese, guadando il torrente Marina risalgono la Calvana in formazione fino a Case di Valibona, la mattina del 27 dicembre 1943 presero contatto con i coloni della zona, che concessero ospitalità nel caldo e ben strutturato fienile.
Nella notte fra il 2 e il 3 gennaio 1944, il gruppo di 17 partigiani giovanissimi, (12 italiani, 5 ex prigionieri, due russi, uno dei quali era un Tenente dell’armata rossa, due slavi e un capitano Inglese), che stava riposando nel Fienile del Lastrucci a Case di Valibona, a seguito di una delazione, fu circondato, risalendo la Calvana da due diverse direzioni, da la Briglia di Vaiano e da Secciano di Calenzano, da numerose e organizzate forze fasciste (circa 150/200 militi): la milizia volontaria della Muti, alcuni esponenti della banda Carità, una formazione della guardia repubblichina, al comando di Duilio Sanesi comandante del presidio di Prato, i carabinieri, i fascisti dei Comuni limitrofi, reparti agguerriti, ben armati ed equipaggiati. I Partigiani vennero attaccati al crepuscolo. La zona della Calvana era difficile da controllare e loro in quel momento erano solo 17 giovani, ma il soldato russo Mirko, svegliatosi per un bisogno si accorge del nemico e avverte Lanciotto. La battaglia divampò per alcune ore (circa tre e mezza). Il Comandante Lanciotto Ballerini (alla cui Memoria venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare) si sacrificò per permettere agli altri compagni di salvarsi e cadde combattendo, insieme al sardo Luigi G. Ventroni addetto al fucile mitragliatore “Breda”.
Dopo la battaglia sul terreno dell’aspro scontro a fuoco, rimangono i corpi senza vita del Comandante Lanciotto Ballerini e del sardo Luigi G. Ventroni e rimane a terra ferito gravemente Loreno Barinci, intorno vi sono i feriti e i corpi senza vita dei nemici (circa 4 morti e diversi feriti, circa 12/16, per una ferita alla gamba dopo dieci giorni d’agonia in Ospedale a Prato morirà Duilio Sanesi, capo della spedizione fascista.
I fascisti catturano cinque partigiani, legano ad un tronco Vladimir, Tenente dei genieri dell’Armata Rossa dopo le percosse gli sparano in bocca uccidendolo, a Mario Ori gli sparano ad un braccio, a Tommaso Bertovich a colpi di calcio di fucile gli spaccarono la testa, Corrado Conti e Benito Guzzon sono percossi selvaggiamente, tutti dopo le intimidazioni e le sevizie vengono in tarda serata consegnati ai tedeschi alla Fortezza da Basso. Loreno Barinci, rimane lasciato a terra creduto morto, viene catturato il giorno dopo, gli altri nove partigiani sono riusciti a rompere l’accerchiamento ed a trovare riparo in direzioni diverse. Per punire i contadini dell’ospitalità data ai partigiani, i fascisti bruciarono e saccheggiarono tutte le case di Valibona, raggrupparono i vecchi, le donne e i bambini compresa una donna incinta, che furono strattonati e spinti a percorrere a piedi scalzi e con pochi vestiti il sentiero che portava a La Briglia, poi vennero caricati su carri e condotti alle carcere del Castello dell’Imperatore di Prato, Vennero consegnati ai tedeschi i tre coloni adulti sospettati di favoreggiamento che vennero condotti alla Fortezza da Basso a Firenze.
Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate sulle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei lager dove furono sterminati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione. P. Calamandrei
Nella Piana, si udirono i combattimenti, e giunse la sventurata notizia ai familiari di Lanciotto e alla giovane moglie Carolina Cirri. Le autorità fasciste, sotto la pressione del podestà, (preoccupato perché gli animi delle genti si stavano infiammando) dopo cinque lunghi giorni concedono il permesso di recarsi a Valibona, al padre e ai fratelli di Lanciotto, per recuperare il corpo del loro congiunto. La salma del Comandante viene trasportata a Campi Bisenzio, nella sua casa, in Via S. Giorgio al numero 10. Quando il camion con alla guida Fiorenzo Fratini arriva nella via, una folla commossa gli si stringe intorno accogliendo l’eroe partigiano. I fascisti cercarono di imporre il trasporto della salma al cimitero a mezzanotte, senza bara, e vietarono al priore Don Conti della parrocchia di S. Lorenzo d’accogliere la salma in chiesa. Lanciotto anche da morto incute paura ai fascisti, i quali cercano di impedire una partecipazione di massa alle esequie. All’ora del trasporto i fascisti formarono un cordone intorno a via S. Giorgio, in molti riuscirono a evitare il controllo ed a passare dal retro dell’abitazione (anche la cassa funebre fatta preparare a Sesto Fiorentino), gli amici di sempre rendono omaggio al loro valoroso compagno. Il corteo funebre è vietato, ma i nazi-fascisti non poterono impedirlo, la piazza era piena di gente, di persone che volevano salutare l’amico fraterno Lanciotto. Ad attendere la salma di Lanciotto Ballerini al Cimitero comunale quel Sabato 8 Gennaio 1944, – “C’era il mondo” – ricorda Carolina Cirri, la moglie – “un’incredibile folla di persone commosse con tanti fiori rossi,” – tanti i partigiani armati scesi dalle montagne, molte le corone di fiori, i patrioti, gli antifascisti rendono omaggio al comandante partigiano. A dispetto delle minacce fasciste Don Conti celebra il rito funebre. I fascisti non hanno il coraggio di intervenire.